
A tutto sorgo!
Coltivare energia anche in Italia
Il 2017 si apre con la ricostruzione della mappa dei geni del sorgo da parte del China National Sorghum Improvement Center. Questo nuovo traguardo pone le basi per una nuova stagione di innovazione anche in Italia, dove le nuove conoscenze scientifiche possono essere applicate per migliorare le modalità di coltivazione.
Oggi gli agricoltori italiani coltivano sorgo soprattutto per produrre granella e foraggi, mentre pochi usano il cereale come fonte di bioetanolo, il cui fabbisogno viene soddisfatto soprattutto tramite importazione. I circa 42.000 ettari coltivati a sorgo (circa l’1% dell’intera coltivazione di cereali in Italia) sono concentrati solo nell’area del centro-nord, con l’80% di questa superficie è in Emilia-Romagna, probabilmente a causa di una combinazione ottimale tra temperatura e precipitazioni annue.
Grazie alla nuova mappa genetica, si potranno selezionare varietà coltivabili altrettanto bene anche in altre regioni. Ricercatori al CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e altri gruppi di ricerca come quello della Facoltà di Agraria dell'Università Cattolica di Piacenza, già lavorano al miglioramento genetico del sorgo, in particolare su resistenza alla siccità, tolleranza alle basse temperature, produzione di biomassa e di zuccheri, resistenza alle malattie fogliari e analisi degli incroci tra diverse linee. A livello europeo, invece, si stanno realizzando e finanziando sempre nuovi progetti per la produzione di bioetanolo da sorgo all’interno del programma IEE (Intelligent Energy Europe).
In Italia si coltiva già il 25% di sorgo in più rispetto a 10 anni fa, perché sempre più agricoltori vedono il sorgo come nuova opportunità, anche in vista degli obbiettivi prefissati dall’Unione Europea: entro il 2020 almeno il 20% di quota energia dovrà essere rinnovabile. Il nostro paese potrebbe così scalare la classifica di produttori di bioetanolo, nella quale si piazza solo undicesima su 17 nazioni europee. Una coltivazione più diffusa di sorgo per produrre bioetanolo italiano potrà portare, se non alla completa autosufficienza, almeno a una drastica riduzione delle spese per l’importazione di questa risorsa energetica, oltre a costituire una fonte di reddito per i produttori nazionali.
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Uno dei temi più rilevanti legati all'introduzione degli OGM è la loro sicurezza alimentare. Al riguardo c'è nella gente il timore che la modificazione genetica possa comportare l'introduzione nella catena alimentare di prodotti con potenziali effetti collaterali non del tutto prevedibili, per cui cibarsi con alimenti OGM potrebbe comportare maggiori rischi rispetto ai cibi tradizionali non geneticamente modificati. E' veramente così?
Riguardo alle biotecnologie e, in particolare all'introduzione di organismi geneticamente modificati (OGM) nel settore agroalimentare, si è acceso negli ultimi anni un forte dibattito a livello nazionale e internazionale relativamente alle tematiche della protezione dell'ambiente e della salute, così come implicazioni economiche e sociali e questo nonostante ci sia ampio consenso in ambito scientifico nel ritenere che i cibi OGM non presentino rischi maggiori di quanti ne presenti il normale cibo.
Una delle fonti principali dove poter trovare informazioni sull'argomento è sicuramente EFSA, l’agenzia europea, istituita nel 2002, fonte indipendente di consulenza scientifica e comunicazione sui rischi associati alla catena alimentare. La legislazione alimentare generale ha creato un sistema europeo di sicurezza alimentare in cui la responsabilità di valutare i rischi e quella di gestirli sono tenute separate. L’agenzia che opera in modo indipendente dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri, è stata, ha di recente dedicato una sezione del proprio sito informativo proprio al tema OGM, sulle richieste di autorizzazione di OGM e sulla cooperazione con gli Stati membri dell'UE. Un'altra sezione illustra il quadro normativo che disciplina il lavoro dell'EFSA in tema di OGM.Già nel 2011 l'EFSA ha infatti avviato un progetto per valutare otto nuove tecniche di miglioramento di vegetali. Al gruppo di esperti scientifici è stato chiesto di valutare se i correnti documenti orientativi fossero ancora validi per piante sviluppate utilizzando le nuove metodiche che includevano intragenesi, cisgenesi e tecnica della nucleasi a dito di zinco (ZFN). Il gruppo di lavoro ha concluso che l’attuale guida alla valutazione del rischio (tra cui una guida alla valutazione dei rischi ambientali) era applicabile anche alla valutazione di alimenti e mangimi derivati tramite queste nuove tecniche. Nel 2013 la Commissione europea ha richiesto che l'EFSA sospendesse ulteriori valutazioni di nuove tecniche di miglioramento vegetale, per consentire al gruppo OGM di concentrarsi sulla valutazione di richieste di autorizzazione di OGM e sullo sviluppo di linee guida. Per i dettagli è possibile scaricare il pdf sottostante.
In Italia la discussione sulle nuove tecniche biotecnologiche, ed in particolare sulla cisgenesi e il genome editing è stata portata in senato il 30 luglio del 2015 come “Affare assegnato sulla materia delle nuove tecnologie in agricoltura, con particolare riferimento all'uso delle biotecnologie sostenibili e di precisione (Atto n. 591)”. Da allora fino a luglio 2016 la 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) ha eseguito nove sedute con audizioni di rappresentanti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), appresentanti del Consiglio nazionale per le ricerche (CNR) del Presidente della Società italiana di biologia vegetale (SIBV) e del Presidente della Società italiana di genetica agraria (SIGA) di rappresentanti della Fondazione Edmund Mach di rappresentanti di Greenpeace Italia dell'Associazione italiana sementi (Assosementi) e di esperti vari (tra cui anche i ricercatori di IGA).
Il mondo della ricerca sostiene che miglioramento genetico vegetale rappresenta uno dei settori attraverso i quali è possibile aumentare competitività e sostenibilità del sistema agricolo anche rispetto alle sfide della efficienza produttiva, dei cambiamenti climatici, della sostenibilità delle produzioni, con riferimento soprattutto alla riduzione dell’uso dei pesticidi. Tra le nuove tecniche biotecnologiche, quelle più promettenti e per le quali vi è un notevole interesse della comunità scientifica, sono la cisgenesi e il genome editing. Si tratta di tecnologie di recente messa a punto che permettono di modificare in modo mirato il patrimonio genetico di una varietà commerciale, frutto spesso di numerosi anni di breeding, riproducendo quanto avviene attraverso le mutazioni naturali o l’incrocio naturale (processi che sono alla base della struttura genetica delle moderne varietà coltivate di tutte le specie agrarie), ma in maniera rapida e selettiva.
ll miglioramento genetico vegetale rappresenta uno dei settori attraverso i quali è possibile aumentare competitività e sostenibilità del sistema agricolo anche rispetto alle sfide della efficienza produttiva, dei cambiamenti climatici, della sostenibilità delle produzioni, con riferimento soprattutto alla riduzione dell’uso dei pesticidi. Tra le nuove tecniche biotecnologiche, quelle più promettenti e per le quali vi è un notevole interesse della comunità scientifica, sono la cisgenesi e il genome editing. Si tratta di tecnologie di recente messa a punto che permettono di modificare in modo mirato il patrimonio genetico di una varietà commerciale, frutto spesso di numerosi anni di breeding, riproducendo quanto avviene attraverso le mutazioni naturali o l’incrocio naturale (processi che sono alla base della struttura genetica delle moderne varietà coltivate di tutte le specie agrarie), ma in maniera rapida e selettiva.
Patricija Muzlovic
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Cosa significa di preciso "innovazione varietale"?
L’innovazione varietale significa selezionare varietà che possono fornire produzioni di alta qualità con ridotto fabbisogno energetico ed a basso impatto ambientale e per rispondere alle esigenze sempre più eco-consapevoli dei consumatori. La Convenzione internazionale UPOV del 1991 definisce come “varietà” insieme di individui coltivati identificabili mediante l’espressione delle caratteristiche risultanti da un dato genotipo o da una combinazione di genotipi, che si distingue nettamente da un qualsiasi altro insieme vegetale per almeno una delle suddette caratteristiche e che dopo cicli di moltiplicazione successive conservi le proprie caratteristiche distintive.
L’Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà Vegetali è nata a seguito di una Convenzione, sottoscritta a Parigi nel 1961 appunto per la protezione delle nuove varietà di piante. Entrata in vigore nel 1968, è stata poi oggetto di successive revisioni nel 1972, 1978 e 1991 (quest'ultimo in vigore dal 24/4/1998). Scopo dell'UPOV è quello di promuovere un efficiente sistema di protezione sui ritrovati vegetali ed assicurare che i membri dell'Unione riconoscano i risultati raggiunti dai costitutori vegetali, concedendogli un diritto di proprietà intellettuale. Inoltre assiste i paesi membri nel processo di implementazione nella propria legislazione nazionale. Attualmente (luglio 2011) aderiscono all'UPOV 70 paesi, fra cui anche l'Italia.
Per essere idonee alla protezione, le varietà devono rispondere a requisiti di: novità e distinguibilità dalle varietà già esistenti, uniformità e stabilità. I costitutori vegetali (breeders) che operano in Italia hanno due possibilità alternative per tutelare le proprie novità vegetali:
- tutela solo per l'Italia, con la protezione nazionale per le nuove varietà vegetali, attraverso il Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n.30;
- tutela per tutto il territorio della Comunità Europea, con il regime comunitario di privativa per i ritrovati vegetali (Reg. (CE) 2100/94).
Patricija Muzlovic